Immolator – Ars Moriendi

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Nel 1994 una creatura che risponde al nome di Immolator è nata dalle pagine più buie del sottosuolo italiano. Nella loro musica si può esplorare un insieme di misticismo e occultismo evidenziato non solo dalla tecnica puramente musicale ma anche dall’oscurità di una band che, per scelta, è sempre rimasta nell’ombra”. Queste le poche parole di presentazione degli Immolator, band proveniente dalla Sicilia (da Caltanissetta per la precisione) che, dopo un lunghissimo silenzio, torna a pubblicare qualcosa, sotto l’egida della sempre più attiva Masked Dead Records, etichetta che si sta davvero impegnando a fondo per dare visibilità alle realtà più nascoste dell’underground black metal italiano, nelle varie sfumature del genere. Nella loro prima incarnazione gli Immolator diedero alle stampe tre demo, ovvero “De Profundis”, “Demonmetal” e “I.N.R.I. (In Nomine Rex Inferi)”, rispettivamente nel 1994, nel1995 e nel1996. La band cambiò quindi il proprio nome in Heretical, spostandosi verso sonorità vagamente più sinfoniche (sulle nostre pagine virtuali la recensione del loro “Dæmonarchrist” del 2014). “Ars Moriendi”, che esce in edizione limitata a sole quaranta copie in formato cd-r, fu originariamente registrato nel 1997 ma mai edito prima d’ora, e ci riconsegna un gruppo che non ha modificato di una virgola il proprio sound, restando orgogliosamente aggrappato a quella tradizione old school che parte dai Venom (non per nulla omaggiati dalla cover del classico “Countess Bathory”, qui reso in modo particolarmente selvaggio e caotico ma in effetti non troppo dissimile dalla versione originale) e giunge, seguendo un filo rosso (ma sarebbe più opportuno dire nero) che passa da Celtic Frost e Bathory, fino ai primi Mayhem e a gruppi come Morbid, Treblinka e gentaglia del genere, senza tuttavia tralasciare qualche influenza più “anni novanta”, che si manifesta soprattutto in una buona dose di tremolo picking e blast beats.

Il piglio furente è quello tipico del black metal più classico e d’annata a sfondo occulto e satanico, anche se non mancano affatto aperture leggermente più melodiche (definizione da prendere ovviamente con le pinze), specialmente nelle iniziali “Unholy Church… Betsey Return” e “Black River”, a mio giudizio i pezzi migliori del lotto, che restano comunque due potenti mazzate sui denti di autentico e incorrotto black metal vecchia scuola. Il sound oscuro e primordiale trova il suo degno contraltare in uno screaming impastato e bestiale, mai troppo acuto e ben accompagnato da sporadiche spoken words, nonché in una registrazione decisamente grezza e polverosa, che potrebbe facilmente irritare le orecchie meno abituate a questo tipo di sonorità ma che risulta sostanzialmente funzionale al genere proposto.

Certo, in tutta onesta, c’è da dire che gli Immolator fanno poco o nulla per rendere la loro proposta anche solo in parte personale o per diversificarla in qualche modo da quella dei moltissimi altri gruppi che seguono, e soprattutto che hanno seguito nel corso degli ultimi decenni, questo sentiero sonoro. Ma non credo fosse questo l’intento dei nostri, che del resto si nutrono di questi suoni malefici da tempi non sospetti. In definitiva siamo di fronte ad un lavoro che nasce dall’underground ed è rivolto in maniera pressoché esclusiva ad un pubblico underground, con tutti i limiti e i pregi del caso. Quindici minuti (compresi un intermezzo strumentale non molto significativo e la già citata cover) sono forse un po’ pochi ma abbastanza per segnare il gradito ritorno sulle scene di una band che a suo modo ha rappresentato e rappresenta un piccolo pezzo di storia dell’underground black tricolore, e siciliano in particolare.