Amnutseba – Emanatism

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Dei francesi Amnutseba si sa poco e niente, se non che provengono da Parigi. Fin dal loro esordio sulla scena, quella prima demo autointitolata pubblicata nel 2017 che mi aveva tanto ben impressionato, i membri della band sono rimasti sempre nell’ombra, preferendo far parlare unicamente la musica. Nel corso degli anni il gruppo ha pubblicato una seconda demo, nel 2018 e, lo stesso anno, tramite la Iron Bonehead Productions che nel frattempo li aveva notati, una compilation contenente i brani già editi nelle prime due uscite, intitolata semplicemente “I-VI”. Ora, sotto l’egida della stessa etichetta, sempre molto attenta nel pescare realtà interessanti nell’underground più putrido ed oscuro, è giunto il momento del debutto sulla lunga distanza, che risponde al nome di “Emanatism”. Gli Amnutseba non hanno modificato molto il loro stile, che pescava e continua a pescare a piene mani dal black metal più vicino al filone così detto religious, tanto in voga da qualche anno a questa parte, per cui il parziale effetto sorpresa della prima release è in gran parte venuto meno. C’è da dire però che i nostri sanno sicuramente il fatto loro e non si limitano a ripercorrere le orme dei vari Deathspell Omega, Katharsis, Averse Sefira, S.V.E.S.T. ed altri che, specialmente in terra francese (per inciso non mi stupirei se i membri degli Amnutseba fossero personaggi noti della scena transalpina) negli ultimi quindici anni hanno dettato i canoni di questo sottogenere, che di fatto e per molti versi non è altro che una rielaborazione e un’estremizzazione, a livello musicale e lirico, di quanto a suo tempo fatto dai Mayhem nel seminale “De Mysteriis Dom Sathanas”.

Dicevo che gli Amnutseba sanno il fatto loro: e basta qualche ascolto di questo nuovo lavoro per rendersi immediatamente conto che i nostri, se si tratta di creare caos e di dare corpo ad atmosfere infernali, non sembrano davvero essere secondi a nessuno. “Emanatism” infatti è un vortice continuo che trascina l’ascoltatore in un abisso disorientante, privandolo dei consueti punti di riferimento.

Le canzoni sembrano essere costruzioni improvvisate che poggiano su note estemporanee (in realtà, dopo diversi ed attenti ascolti, si riesce a comprenderne la struttura, quanto meno accennata), caratterizzate da linee chitarristiche vertiginose e labirintiche che si inseguono a ondate e senza apparente soluzione di continuità, in un gorgo di distorsioni, in una spirale lacerante il cui unico scopo pare essere quello di condurre quanti ascoltano in una sorta di trance ipnotica. Il sound degli Amnutseba risulta estremo in modo quasi eccessivo: attraverso cascate di blast beats, alternate a un drumming a tratti più marziale, e vocals che si traducono in urla effettate, pianti e lamenti, i nostri dipingono brandelli di un quadro dai contorni freddi e caustici, in egual misura nero ed abbagliante.

Ad aumentare la devianza sonora si aggiungono anche stratificazioni di rumori e tastiere (ne è un ottimo esempio “Dislumen”, probabilmente il brano migliore del lotto), che rendono ancora più denso e crudele il risultato finale. E, quasi incredibilmente, a fine ascolto tutto ci sembra avere un senso e si manifesta come la verosimile rappresentazione dell’apocalisse che verrà. “Emanatism” è un lavoro per stomaci forti: non scevro da qualche ingenuità ma ammantato da un genuino alone rituale e occulto ed impreziosito da liriche che sembrano rimandare agli orrori cosmici e assoluti di lovecraftiana memoria, ha nel suo approccio intelligentemente primitivo il suo maggior punto di forza. Non è certamente un disco per tutti.