Austerity – Perpetua Nox Dormienda Est

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Un giro di pianoforte ripetuto ossessivamente è l’incipit di “In Dreams” che ci introduce nell’universo oscuro e malato di Austerity, progetto parallelo di Zavo, già membro dei modenesi Abyss. Un universo fatto di tristezza e quieta disperazione, la notte perpetua che dobbiamo dormire, come recita il titolo di quest’opera prima davvero interessante anche se di difficile “digeribilità”. Austerity propone infatti un ambient deviato ed angosciante che si incrocia pericolosamente con sonorità funeral doom lente e pachidermiche, profonde e cavernose che non possono non riportare alla mente la morbosità estenuante del miglior Nortt. I passaggi puramente ambient sono assai lineari e minimali, trasudano un’atmosfera sospesa e carica di mistero, avvolgente e macabra, che crea un senso di attesa rotto soltanto dalle urla lancinanti e disumane del singer, accompagnate dai suoni distorti di una chitarra che sembra piangere lacrime di puro dolore. Nella terza traccia “Veris Leta Facies” fanno la loro inquietante comparsa anche cori in perfetto stile gregoriano, i cui riverberi da brivido aumentano l’aura sacrale e quasi rituale che il disco emana dall’inizio alla fine, la quale, unita al feeling mortifero e vagamente medievaleggiante, rende questo lavoro incredibilmente pesante ed opprimente. Con l’ultima traccia, dalla durata di ben quarantacinque minuti, si celebra la fine di ogni divinità in un delirio di sofferenza atroce e prolungato davvero ai limiti della sostenibilità. Tastiere sinistre e blasfeme, rantoli terribili e lancinanti, chitarre melmose e decadenti all’inverosimile, una sezione ritmica che è poco più del battito flebile di un cuore maledetto prossimo alla morte. Non c’è traccia di luce tra queste note meste, solo il puzzo ammorbante ed insopportabile delle anime derelitte in decomposizione che come una nebbia malsana avvolge gli spiriti in una ragnatela grigia e assassina per consumarli lentamente dall’interno. Davvero un ottimo debutto, forse una durata più contenuta avrebbe reso l’ascolto meno devastante.