Volkurah – The Pagan Ritual

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Questo debutto dei Volkurah, one man band del Quebec formata dall’oscuro factotum Ténèbres, altro non è che la ristampa in edizione limitata a cinquecento copie numerate a mano dell’omonimo demo apparso a suo tempo in sole trenta copie. Dobbiamo alla semisconosciuta Autistiartili Records la riscoperta di questo piccolo gioiellino di musica intimista fortemente ispirata da un profondo senso della natura e da una religiosità misterica primitiva e per questo potentissima. Le composizioni presentano un andamento circolare che si fonda su un solo riff ripetuto ipnoticamente per tutta la durata delle stesse. La musica dei Volkurah è gelida e penetra in profondità nell’animo dell’ascoltatore impregnandolo di negatività ma anche di un senso di grande meraviglia e ammirazione simile a quello che potevano verosimilmente provare le antiche popolazioni di fronte alla grandiosità della natura nelle sue manifestazioni più violente ed incontrollabili. Le chitarre sono incredibilmente zanzarose e ronzanti ma probabilmente una migliore produzione avrebbe disperso quella sensazione di intima magia che le songs trasmettono nella loro lineare semplicità. I ritmi sono per lo più lenti e pacati, salvo che nella più sostenuta “Druids of pagan ritual” che non avrebbe sfigurato in un disco di Burzum, e in questo senso l’uso limitato e intelligente delle tastiere, che fanno la loro comparsa per sottolineare con pathos alcuni passaggi maggiormente atmosferici, è essenziale e sostiene le songs donando loro una maestosità contenuta e malinconica. La voce di Ténèbres è un rantolo animalesco, filtrato e malato, a tratti stridulo, il canto morente dell’anima della Natura Antica pugnalata al cuore e non può non ricordare da vicino quella di Count Grishnack, certamente la principale fonte d’ispirazione dei Nostri, omaggiato anche dalla buona cover, molto fedele all’originale, della strumentale “Depressive visions of the cursed warrior”. Burzum a parte, ho trovato diversi punti di contatto tra questa release ed il debut dei Velvet Cacoon: lo stesso alone di mistero, la stessa concezione della Natura come Madre che permea tutta l’opera, intimamente, quasi follemente sentita, nella consapevolezza della nostra insignificante piccolezza nei Suoi confronti. Questi sentimenti appaiono ancora più scoperti nell’intro e nell’outro (quest’ultima della durata di oltre quindici minuti), due pezzi ambient ben riusciti nella loro semplicità, accostabili ad alcune composizioni del miglior Vinterriket, che trasmettono un senso di angosciante e fredda attesa di un buio senza fine. Molto bello anche l’artwork con foto di paesaggi innevati assai in tema con il mood generale dell’album. In definitiva la proposta dei Volkurah, per quanto derivativa nel songwriting e sicuramente poco originale, non potrà deludere gli amanti delle sonorità sopra descritte: Volkurah is in full support for the preservation of Mother Nature.

REVIEW OVERVIEW
Voto
75 %
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volkurah-the-pagan-ritualTRACKLIST <br> 1. Intro; 2. On frozen lands; 3. Innocence, crucified and set aflame; 4. Depressive visions of the cursed warrior; 5. Then cold winds came; 6. Druids of pagan ritual; 7. Outro <br> DURATA: 48 min. <br> ETICHETTA: Autistiartili Records <br> ANNO: 2002