Chotzä – Pächschwarz

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A ben quattro anni dall’ultimo lavoro di inediti, tornano prepotentemente alla ribalta i nostri depravati svizzeri con questo “Pächschwarz”, disco come da tradizione ricco di sfaccettature, suoni ancestrali e brutali, che ci trasportano nello schifosissimo mondo Chotzä senza passare dal via, ribadendo che il black metal può essere suonato in maniera magistrale senza necessariamente restare ancorato alle consuete tematiche. Da sempre alfieri di uno sfrontato black n’roll, nella più ampia accezione del termine (nel senso che amano parlarci di sesso, odio e sporcizia varia), con il loro ormai inconfondibile stile, i Chotzä ci riportano alle sonorità della seconda ondata black metal, resa iconica dalle band scandinave della prima metà degli anni novanta, senza però dimenticare mostri sacri come Celtic Frost ed Hellhammer, con una schizzata a tutto tondo di Taake, giusto per rinforzare il riffing ossessivo e maledetto. Se “Tüüfuswärk” ci consegnava una band in forma, la successiva operazione di ri-registrazione del primo lavoro “Plump U Primitiv” ad alcuni poteva sembrare la classica mossa di una band priva di idee, ma per fortuna è arrivato questo “Pächschwarz” a dissipare ogni dubbio in proposito. Definirlo un ottimo album per tanti potrebbe sembrare azzardato ma quando una band riesce a catturare l’attenzione grazie a composizioni memorizzabili, ricche di personalità compositiva e sempre coerenti con l’anima del progetto, allora possiamo dire che ha fatto centro. Una cosa è certa, l’attitudine punk e rock rimane decisamente più in secondo piano rispetto al passato, dando maggiore spazio a composizioni più complesse e ricercate, che mantengono quel piglio da uomini duri ma risultano più mature e consapevoli. Si percepisce ad esempio una certa dose di malinconia, come se gli svizzeri si fossero spostati dalla commedia alla tragedia, enfatizzando le atmosfere gelide e oscure a discapito di quelle più tipicamente “garage” alle quali ci avevano abituato. E se nei primi due pezzi possiamo percepire l’anima dei Chotzä che più ci è familiare, già con la title track la band ci sbatte in faccia un muro di mattoni ben assortito di black metal dal piglio primitivo.

E la seguente “Löutschä”, oltre che bissarne la violenza, ci aggiunge un tocco spettrale, grazie al suono impeccabile che caratterizza tutto il disco, che consente di distinguere note e strumenti, e soprattutto il basso, sempre presente, pulsante, legnoso, che ti colpisce come il nostro amico orco con la sua fidata clava. Continuando l’ascolto, “Unusgschprochä” e “Satan’s Sündä” ci consegnano una band che sa scrivere un disco senza paraocchi né troppi clichés, e si diverte in questo frangente con due pezzi malati e cinici: il primo tende a derive depressive di stampo burzumiano mentre il secondo, accompagnato da una batteria sempre tiratissima, si risolve in una litania oscura ed evocativa. Tra urla da maniaco e una quantità innumerevole di riff, conclude questo viaggio all’inferno “Wundgang”, che riassume tutte le caratteristiche dell’album, risultandone forse il pezzo più imprevedibile.

Menzione a parte merita la prova dietro al microfono di Szivilizs, che vomita rabbia a profusione riuscendo tuttavia a dare spesso e volentieri dinamica alle linee vocali, passando da harsh vocals a scream e piccole parti in clean con una facilità imbarazzante. A conti fatti come possiamo definire questo “Pächschwarz”? Sicuramente un ascolto non così immediato, che ti possiede grazie al suo riffing apparentemente semplice, dal quale tuttavia lentamente emergono varie sfumature di perversione in musica. Un lavoro che ha il coraggio di uscire, almeno in parte, dalla classica comfort zone, pur restando in tutto e per tutto black metal.

REVIEW OVERVIEW
Voto
74 %
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chotza-pachschwarzTRACKLIST <br> 1. Gottvergässä; 2. Schimubuebä; 3. Pächschwarz; 4. Löutschä; 5. Unusgschprochä; 6. Satan’s Sündä; 7. Fieberwahn; 8. Wundgang <br> DURATA: 40 min. <br> ETICHETTA: Folter Records <br> ANNO: 2024