Imperialist – Prime

0
271

Tempo di conferme in casa Imperialist, freschissimi del loro terzo full length che si può definire un disco con pochi punti deboli. Le cose sono state fatte in maniera professionale e per l’occasione la band statunitense si è rivolta al maestro Dan Swanö, che ha pochi rivali in cabina di regia, e al grafico Eliran Kantor, autore di una copertina coerente con l’immaginario sci-fi dei nostri amici. Un investimento sicuro e un ottimo biglietto da visita, che la band tenta di sfruttare al meglio per farci calare immediatamente nelle atmosfere spaziali a bordo della navicella “Prime”. A distanza di due anni dal precedente ep “Quantum”, che ci aveva consegnato una versione più cinica e diretta degli Imperialist, questo nuovo album riassume perfettamente tutto ciò che la band è stata fin dagli esordi, ovvero “death-touched sci-fi black metal”, un sound in bilico tra black metal melodico, death tecnico e spunti thrash in grado di evocare avventure galattiche e tensioni cosmiche. Tra meteoriti e viaggi interstellari, abissi siderali e pianeti morenti, con un bel carico di riff taglienti e grazie a una produzione su misura, cristallina e profonda come il cosmo, la band cerca di approdare ad una galassia di livello superiore sfrecciando con la propria astronave attraverso un viaggio musicale venato di melodia, una sorta di black metal “moderno”, ma mai ruffiano, che richiama le architetture glaciali dei Dissection e la crudele raffinatezza di Naglfar e Sacramentum.

Dall’opener “Starstorm” fino alla conclusiva “A Ghost Abandoned” la rotta è segnata: la nave “Prime” parte per esplorare nuovi mondi e giunge a destinazione anche se, come spesso accade, abbiamo tra le mani un disco solido e ispirato, suonato in maniera praticamente perfetta ma fin troppo simile ai suoi predecessori, dai quali si discosta in minima parte e semplicemente per una scrittura più matura, riff più serrati e intricati e passaggi melodici vivaci, oltre che per la già ricordata qualità della registrazione.

I classici arpeggi freddi si uniscono agli altrettanto consueti passaggi chitarristici di estrazione svedese venati di oscura malinconia: si dice che lo spazio non abbia confini, tuttavia la musica degli Imperialist li ha eccome; si affidano a un set limitato, offrono quello che ti puoi aspettare da loro, non sperimentano ma affinano la loro proposta, e lo si capisce dai primi quattro pezzi, un vero e proprio saggio scolastico di blackened death metal, stereotipato quanto volete ma di gran classe ed eseguito con indubbia maestria tecnica. In definitiva per chi già conosce la band “Prime” potrebbe anche essere il disco della consacrazione, per chi invece non ha ancora avuto modo di accostarsi all’immaginario degli Imperialist potrebbe essere una buona occasione per farlo salendo a bordo della loro nave spaziale e perdendosi tra segreti cosmici.