Satyricon – Rebel Extravaganza

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Album della svolta – compreso da pochi ed aspramente criticato da molti fans della prima ora – “Rebel Extravaganza” è semplicemente, a modesto giudizio di chi scrive, uno dei migliori dischi di black metal moderno ed uno dei lavori più influenti degli ultimi vent’anni, dal quale decine di musicisti hanno tratto ispirazione più o meno direttamente. Siamo nel 1999 ed in quegli anni molti dei gruppi storici della scena norvegese ridefinivano il proprio sound esplorando nuovi territori musicali (è il caso di Enslaved, Ulver, Emperor ed in certa misura anche Darkthrone ed Immortal): i Satyricon, dopo aver conquistato il trono nero del black metal con lavori seminali come “Dark Medieval Times” e “The Shadowthrone” e con il capolavoro indiscusso “Nemesis Divina”, attuano a loro volta una consapevole rivoluzione, già in qualche modo prefigurata nel precedente ep “Intermezzo II”, radendo al suolo per costruire qualcosa di nuovo (“This would be the way of the misanthrope / in order to create you must destroy” recitano appunto alcuni versi di “Prime Evil Renaissance”). Questa rottura con la tradizione viene messa in atto a tutti i livelli. Dal punto di vista estetico sparisce la consueta iconografia: via il bianco e nero d’ordinanza, via borchie e face paiting e via anche la folta chioma di Satyr (che appare nelle foto del booklet a testa rasata), a favore di scenari suburbani ed umidi scantinati dai quali i nostri emergono come inquietanti figuri con sguardo allucinato, brandendo frattaglie. Dal punto di vista lirico foreste, castelli, paesaggi innevati e gli ormai stantii riferimenti ad un medioevo magico e fantasy lasciano il posto a riflessioni filosofiche, tensioni spirituali, viaggi cosmici, quadri apocalittici e struggimenti interiori. Il sound diventa più definito e potente ma al tempo stesso estremamente cupo ed ossessivo, assumendo una patina industriale e meccanica che diventa la cifra stilistica essenziale del disco, sovrapponendosi al classico marchio di fabbrica del duo norvegese. E mentre Frost è libero di esprimere il suo talento dietro le pelli, disimpegnandosi egregiamente tra sfuriate al fulmicotone e parti più ragionate e tecniche, il cantato di Satyr diventa un rantolo monocorde strascicato e iperfiltrato, a marcare una volta di più la decisa volontà di prendere le distanze rispetto ad un passato glorioso che andava tuttavia necessariamente reinventato. Insomma la furia iconoclasta delle origini si sublima in una rabbia chirurgica e sistematica, un “attacco con precisione robotica” (per citare questa volta “The Scorn Torrent”) che sembra rivolto innanzi tutto contro la stagnazione di una scena nel suo complesso più impegnata a ripetere triti luoghi comuni che a rompere le regole per creare un nuovo ordine, com’era nelle intenzioni e come fu fatto nei primi anni novanta. Tra lunghe e complesse suite (“Tied In Bronze Chains”), opachi affreschi di ordinario marciume metropolitano (“Filthgrinder”), momenti carichi di un groove fosco ed aggressivo (“Havoc Vulture”) e pezzi colmi di un’atmosfera malsana e disturbante (“A Moment Of Clarity”), “Rebel Extravaganza” si impone per il coraggio di scardinare gli schemi con lucida e calcolata follia (non sarebbe stato difficile per Satyr e Frost dare alle stampe un “Nemesis Divina” parte seconda) e per aver rappresentato un fondamentale spartiacque per tutta la scena black; ma è anche – e forse inevitabilmente – il canto del cigno dei Satyricon, la cui carriera a partire dal successivo “Volcano” prenderà una strada ricca di soddisfazioni commerciali ma qualitativamente molto in discesa. A voi l’ascolto e l’ardua sentenza.

REVIEW OVERVIEW
Voto
85 %
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satyricon-rebel-extravaganzaTRACKLIST <br> 1. Tied In Bronze Chains; 2. Filthgrinder; 3. Rhapsody In Filth; 4. Havoc Vulture; 5. Prime Evil Renaissance; 6. Supersonic Journey; 7. End Of Journey; 8. A Moment Of Clarity; 9. Down South, Up North; 10. The Scorn Torrent <br> DURATA: 61 min. <br> ETICHETTA: Moonfog Productions <br> ANNO: 1999