Cradle Of Filth – The Principle Of Evil Made Flesh

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Lasciamo da parte tutte le più o meno utili e fondate dispute su cosa siano diventati nel corso degli anni e cosa siano oggi i Cradle Of Filth e diamo a Dani Filth ciò che è di Dani Filth: “The Principle Of Evil Made Flesh”, primo album dei nostri, pubblicato dalla mitica Cacophonous Records, è una pietra miliare del metal estremo e chi dice il contrario o è in mala fede o evidentemente dovrebbe ripassare i fondamentali. Il gruppo britannico – ai tempi un sestetto di cui facevano parte musicisti di grande valore come il batterista Nicholas Barker, il chitarrista Paul Allender e il tastierista Benjamin Ryan, grande mattatore del disco – fece il suo debutto discografico sulla lunga distanza come un fulmine a ciel sereno, sparigliando le carte di una scena black nella quale le bands scandinave dettavano legge e l’approccio true evil sembrava l’unico possibile ed accettabile. Partendo da un riffing che pescava a piene mani dal vecchio thrash teutonico e dal death metal (ma anche dall’heavy metal ottantiano, Iron Maiden in testa), i nostri ebbero la folgorante intuizione di rendere le tastiere parte integrante del loro sound – e non utilizzarle solamente come contorno – per dare corpo a quelle orchestrazioni gotiche e a quelle atmosfere romantiche che rappresentano la cifra essenziale di questo lavoro, facendo da perfetto contraltare alla violenza ed alle sfuriate metalliche, che certamente non mancano. Altro indubbio merito di Dani e soci è quello di aver introdotto – anche nelle liriche, che sono veri e propri “horror tales”, con emoglobina e gnocca in quantità – un immaginario dark-lesbo-erotico-vampiresco (a proposito, qualcuno ricorda la t-shirt con la scritta “sodomizing virgin vamps”?), che li distingueva dalle miriadi di gruppi allora intenti ad adorare il maligno o qualche divinità pagana dal nome impronunciabile. Il tutto restando comunque ancorati all’attitudine (la registrazione è tutt’altro che perfetta) e ai dettami estetici dell’underground nero: e così i nostri trovano la loro personale via al black sinfonico – seguiti poi da centinaia di imitatori, alcuni abili, altri meno – e dimostrano (tra i primi in assoluto) quanto il genere potesse essere mutevole ed aprirsi ad elementi esterni senza per questo perdere le proprie peculiarità. E poi c’è il cantato: le urla siderali di Dani non avevano paragoni nel panorama estremo di quegli anni, così come la sua versatilità e la capacità di alternare al suo personale screaming grugniti profondi e parti recitate, a volte con l’accompagnamento di voci femminili (altro tratto distintivo del combo inglese, che verrà mantenuto anche in futuro). Tutti questi elementi sono sublimati nel manifesto “The Black Goddess Rises”, vera summa delle intenzioni compositive e dello stile della band. Ma tutta la scaletta è un susseguirsi di pezzi da novanta: dalla ferocissima title track alla monumentale e notturna “The Forest Whispers My Name” (suonata ancora oggi dal vivo), dalla fulminante e sensuale “To Eve The Art Of Witchcraft” alla slayeriana e terremotante “Summer Dying Fast”, per non parlare dei memorabili interludi tastieristici, che non fungono solo da collante tra un pezzo e l’altro ma sono essenziali alla narrazione musicale. Dani e compagni, consapevoli delle potenzialità commerciali del gruppo, furono baciati dal successo con la pubblicazione del successivo “Dusk And Her Embrace” e da lì intrapresero una strada sempre più divergente dalle loro radici black. Ma questo disco resta ed è davvero la trasposizione in note del principio del male incarnato.

REVIEW OVERVIEW
Voto
95 %
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cradle-of-filth-the-principle-of-evil-made-fleshTRACKLIST <br> 1. Darkness Our Bride (Jugular Wedding); 2. The Principle Of Evil Made Flesh; 3. The Forest Whispers My Name; 4. Iscariot; 5. The Black Goddess Rises; 6. One Final Graven Kisses; 7. A Crescendo Of Passion Bleeding; 8. To Eve The Art Of Witchcraft; 9. Of Mist And Midnight Skies; 10. In Secret Love We Drown; 11. A Dream Of Wolves In The Snow; 12. Summer Dying Fast; 13. Imperium Tenebrarum <br> DURATA: 53 min. <br> ETICHETTA: Cacophonous Records <br> ANNO: 1994