Sodom – In The Sign Of Evil

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“In The Sign Of Evil” è l’ep che rappresenta il debutto ufficiale, sotto l’egida della potente SPV, dei tedeschi Sodom, dopo i due misconosciuti demo d’esordio, ed é universalmente salutato come una pietra miliare tanto del thrash teutonico quanto del neonato black metal, o proto black metal che dir si voglia, che allora muoveva i suoi primi incerti passi grazie all’opera dei Venom. Ed é proprio ai Venom, oltre che ai Motörhead, che si ispirano principalmente i nostri, nella classica formazione a tre che vedeva impegnati Angel Ripper alla voce e al basso, Grave Violator alla chitarra e Witchhunter alla batteria, riprendendo l’insegnamento di questi due fondamentali gruppi ed estremizzandolo ulteriormente, aprendo strade che di lì a poco saranno battute da Sarcofago, primi Bathory e Mayhem. Dopo un’intro cavernosa e raggelante, ecco esplodere in tutta la sua ferocia “Outbreak Of Evil”, brano che mette immediatamente in evidenza le coordinate stilistiche di questo lavoro, tanto di breve durata quanto influente per centinaia di bands a venire: strutture semplicissime, un riffing rozzo e ignorante, vocals maligne che declamano testi blasfemi e pseudo satanisti, ritmo forsennato e rabbia incontrollata. Una formula che oggi potrebbe sembrare scontata e che in effetti é ormai abusata, ma che all’epoca risultava assolutamente innovativa. I brani si susseguono senza un momento di stanca: “Blasphemer”, “Witching Metal”, “Burst Command Til War” sono ancora oggi dei cavalli di battaglia che la band originaria della Ruhr propone regolarmente in sede live, brani che veicolano una carica aggressiva e violenta tale da rappresentare il sogno proibito di molti “cattivissimi” gruppi black attuali. L’inarrestabile assalto all’arma bianca viene soltanto temporaneamente interrotto da “Sepulchral Voice”, l’unico pezzo costruito su tempi relativamente medi, almeno per quanto riguarda il sulfureo ritornello. È quasi superfluo aggiungere che la produzione approssimativa e quasi da cantina contribuisce a conferire a questo disco quell’alone di malignità che ad oltre venticinque anni dalla sua pubblicazione ne costituisce ancora la cifra essenziale. I Sodom hanno successivamente proseguito in modo brillante la loro carriera pubblicando nel corso degli anni ottanta tre capolavori indiscussi del thrash (“Obsessed By Cruelty”, “Persecution Mania” e “Agent Orange”) senza tuttavia più raggiungere le vette di grezzume e primitività di questo folgorante mini d’esordio, che a tutti gli effetti rappresenta un crocevia imprescindibile per il successivo sviluppo della musica estrema, anche in ambito prettamente black, per le liriche, per le sonorità e per l’attitudine. Obbligatorio possederlo e conoscerlo a memoria.