Amataster – Frammenti

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In un sottobosco underground troppo spesso popolato da sterili cloni intenti a rianimare cadaveri (con l’aggravante di considerarsi depositari di chissà quale genio artistico), è sempre più difficile andare a scovare realtà veramente valide (che pure ci sono, sia ben chiaro), non afflitte da irrimediabile pochezza e superficialità, al di là dei proclami di facciata; ancora più difficile quando si tratta di one man band: è stata quindi per me una gradevole sorpresa l’ascolto di questo “Frammenti”, mini pubblicato in edizione limitata dalla nostrana Masked Dead Records (con una canzone in più rispetto all’originale versione digitale uscita lo scorso anno), che rappresenta l’esordio assoluto di Amataster, progetto solista di recente formazione proveniente dalla Basilicata, dietro il quale si cela il factotum John Poltergeist, già coinvolto nei depressive black metallers Eyelids. La musica di Amataster ha un fondo di disperazione e nichilismo che certamente potrebbe farla accostare alla corrente depressive, almeno a livello di suggestioni (anche liriche) ma più propriamente si sostanzia in un black metal atmosferico, che accosta con buona maestria sfuriate sferzanti colme di rabbia e rassegnazione a momenti di maggior quiete, che però non sono altro che ansiosi preludi alla successiva tempesta di emozioni negative. Esempio lampante di quanto appena detto è la folgorante opener, pezzo davvero ottimamente costruito, che si apre con eterei e celestiali vocalizzi per poi lasciare spazio alla sofferenza, dipinta attraverso un ottimo riff sottolineato da un muscolare blast beat, con lo screaming tagliente e spasmodico in primo piano, che declama: “Ecco questo è il dolore / Le lacrime bruciano la pelle / Non avete più speranze / L’anima è in fiamme”; l’amaro sfogo pare placarsi verso metà canzone e sfocia in urla angoscianti e pianti isterici, per poi rituffarsi quasi subito in un vortice tormentoso con la ripresa del chorus principale.

“L’Anima è In Fiamme” è a mio avviso la vera perla di questa breve opera ma anche gli altri pezzi, che si muovono lunghe le medesime coordinate stilistiche, non sono da meno e lasciano intravedere pure un certo gusto per gli intrecci melodici e la non disprezzabile capacità di lavorare bene anche con trame chitarristiche più pulite e dannatamente evocative, sempre equilibrate e coese con la sezione ritmica ed il cantato. Se l’intento del nostro era quello di esplorare i più reconditi anfratti della solitudine, dell’inquietudine, della malinconia e del malessere esistenziale (pare che le quattro canzoni siano state composte in coincidenza con altrettanti periodi significativi della sua vita), si può affermare che tale obiettivo sia stato pienamente raggiunto con questi “frammenti”, che vanno a collocarsi in un preciso contesto musicale ma che riescono al tempo stesso a suonare come espressione di esperienze personali, nelle quali l’ascoltatore potrà trovare corrispondenza con il proprio vissuto: “sfogate il vostro dolore e liberate le vostre menti, urlate, piangete! La luce arriverà…”. Un sottile godimento per quanti amano il black atmosferico più maturo e consapevole, sulla scia di Common Grave, Lunar Aurora e simili.