Sleeping Village – Slithering In Darkness

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Dopo undici lunghi anni di silenzio, torna a far sentire la propria voce catacombale il progetto Sleeping Village, one man band italiana che prende il nome dall’omonimo brano contenuto nel mitico esordio dei Black Sabbath e dietro la quale si cela il mastermind e factotum Mortifer, dedita inizialmente ad un oscuro e strisciante black metal sporcato da venature doom che, strada facendo, si è evoluto verso forme più sperimentali, convergendo anche verso lidi più intimisti e, per contro, ambient/drone, ed esplorando sonorità anche piuttosto distanti da quelle più tradizionalmente black dalle quali era partita. Ci siamo occupati a più riprese di questa realtà sulle nostre pagine virtuali, così come dell’interessante progetto Cervix, che vede sempre coinvolto Mortifer e che ha anch’esso (o meglio aveva, in quanto sembra essere stato messo sotto naftalina) un approccio decisamente poco “allineato”: adesso è la volta di questo “Slithering In Darkness”, che esce in formato digitale e tape in un numero limitatissimo di copie (solo trentatré, come da tradizione per i fiori malefici che germogliano nell’underground estremo più autarchico ed elitario), segnando un ritorno sulle scene che è, al tempo stesso, un ritorno al passato.

I due pezzi qui presenti infatti sono la versione riveduta e corretta di due canzoni già apparse nell’omonima demo di debutto del 2003 e nella successiva demo “Mourning Persists” del 2005, con una durata molto maggiore rispetto agli originali. Una nuova partenza che vede quindi un recupero delle sonorità che Mortifer aveva sviluppato all’inizio della sua avventura e di un sound putrido ed impastato, che non rinuncia però a quelle che erano le caratteristiche di fondo del progetto fin dagli esordi. Ed ecco che l’apertura è affidata ad “Angores Lunae”, brano cupo e riflessivo, dalle inflessioni doom/psichedeliche e dalle atmosfere “cosmiche”, segnato da suoni tenui ed ipnotici e da un cantato mesto e sussurrato, che sotto certi aspetti potrebbe essere accostato a pezzi come “Planet Caravan” e “Solitude” dei già citati Black Sabbath. Circa sette minuti di acida inquietudine, che aprono la strada alla successiva “Serpent’s Victory”, suite fluviale di oltre ventuno minuti di durata, nella quale Mortifer riscopre il lato più black metal della sua musica, nella forma più raw ed inaccessibile del genere: si tratta infatti di un vero macigno, il cui peso specifico è dato dalla somma di un riffing criptico ed incessante, di uno screaming distante e cimiteriale e di una registrazione ovattata e piena di riverberi; un vero tour de force, al termine del quale molti ascoltatori potranno essere quasi prostrati, perché non ci sono appigli di sorta e non c’è tregua, se non nella parte finale, che si abbandona a suoni più dilatati ma niente affatto rassicuranti.

Un piglio grezzissimo e a suo modo sperimentale, che avvicina questa uscita alle cose più impenetrabili prodotte dalle Legions Noires francesi nel corso degli anni novanta (anche i testi sembrano essere scritti in qualche sorta di indecifrabile linguaggio nero): un nuovo inizio completamente calato nell’underground, recinto dove è nata e continua a svilupparsi la creatura Sleeping Village. Angosciante.