Interment Ashes – Interment Ashes

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Esce per l’etichetta statunitense Eternal Death (forse poco conosciuta dalle nostre parti ma con un rooster abbastanza nutrito), in formato tape e in edizione ovviamente limitatissima (sole 150 copie, perché così vuole il dio dell’underground), questo omonimo debutto degli Interment Ashes, duo di recente formazione, nato dai lunghi e freddi inverni del Connecticut come costola dei Ritual Clearing, ora loro compagni di scuderia. I due membri del gruppo, che si fanno chiamare semplicemente BP (chitarra, basso, batteria e tastiere) e BF (voce), in questo loro esordio concepiscono (non sappiamo quanto consapevolmente e quanto istintivamente) un sound figlio del passato, che riesce però a suo modo a risultare libero da troppi vincoli e in certa misura personale, non tradendo quindi gli intenti dei progenitori di quella che è stata poi chiamata “la seconda ondata”, che tutto volevano che fosse la loro musica meno che ortodossa ed allineata con ciò che dominava la scena estrema in quel periodo. Non deve quindi sorprendere troppo il fatto che i pezzi contenuti in questo ep, con l’eccezione forse della più classicamente darkthroniana e gelidissima “Cold Wind Altar”, siano lunghi ed articolati e spazino al loro interno tra la crudezza di Celtic Frost e Mayhem prima maniera e spunti più melodici che potrebbero chiamare in causa i primi Gehenna, incrociandosi con vagiti heavy/doom da un lato e con elementi più atmosferici dall’altro (compresi arpeggi, brevi squarci acustici ed inserti di tastiera).

Non ci sono però tentazioni moderniste nella musica degli Interment Ashes, che resta ancorata alla “vecchia maniera” di fare black metal (o metal estremo più in generale), anche per quanto riguarda la registrazione e la resa sonora finale, e proprio per questo non si aggrappa in modo insensato ai più triti e ritriti luoghi comuni, cercando piuttosto di recuperare lo spirito degli anni più pionieristici, quando la distinzione tra i vari generi non si era fatta ancora così netta e manichea.

Ed ecco perché potremo idealmente collocare questo “Interment Ashes” nel periodo che sta a cavallo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, poco prima che i famigerati fatti di Norvegia facessero esplodere il black metal (o almeno quel black metal) come fenomeno musicale a livello mondiale, costringendolo ad uscire (volente o nolente) dalle cantine umide dove aveva proliferato fino ad allora. Anche la voce è abbastanza sui generis: non è il tipico screaming demoniaco (e nemmeno il classico grugnito growl) ma piuttosto una sorta di urlo dolente, soffocato e assolutamente sgraziato, che tuttavia si amalgama bene con il contesto generale, contribuendo a creare quell’atmosfera di densa sofferenza e commovente disperazione che rappresenta forse l’elemento di maggior coinvolgimento di questa release, dal punto di vista dell’impatto emotivo.

Per essere un debutto questo lavoro degli Interment Ashes mostra diversi spunti di interesse: certamente non rivoluzionerà nulla e probabilmente resterà confinato nei ristretti circoli underground ma mi ha colpito abbastanza favorevolmente e quindi ne consiglio l’ascolto senza riserve.