Mortiis – The Song Of A Long Forgotten Ghost

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“The Song Of A Long Forgotten Ghost” è una registrazione che risale all’ormai lontano 1993, quando vide la luce come demo in formato tape, opera prima del progetto Mortiis, immediatamente successiva all’abbandono, piuttosto burrascoso come narrano le cronache dell’epoca, da parte di Håvard Ellefsen degli Emperor e dell’intera scena black norvegese, dopo i noti roghi di chiese e fattacci vari. Ora quel lavoro seminale, lontanissimo musicalmente dal black e da ogni forma di metal, da più parti considerato di culto e di fatto iniziatore del movimento che oggi prende il nome di dungeon synth, viene ripubblicato in vari formati grazie alla sinergia tra Funeral Industries e Omnipotence Productions, rimasterizzato da Jules Seifert in collaborazione con lo stesso Mortiis e con un nuovo artwork, crepuscolare e misterioso, opera dell’artista David Thierree. “The Song Of A Long Forgotten Ghost” è una lunga suite di circa un’ora che rappresenta in modo semplice e chiaro tutte quelle che saranno le caratteristiche principali del sound della creatura Mortiis negli anni a venire, poi ribattezzati Era1, ed in particolare in album come “Født Til Å Herske”, “Ånden Som Gjorde Opprør” e “Keiser Av En Dimensjon Ukjent”: note di tastiera minimali che si rincorrono a creare trame ossessive ed ipnotiche, ripetute ad libitum come se si trattasse di una colonna sonora, dando corpo ad un’atmosfera magica di ambientazione medieval-fantasy.

C’è in realtà un lavoro certosino dietro a tanta immediatezza: piccoli accorgimenti e sfumature che non sfuggono ad un ascoltatore attento, nel tentativo di imitare attraverso il synth il suono di diversi strumenti, dalle percussioni agli archi, dal pianoforte all’oboe, come se la musica fosse composta con l’ausilio di una piccola orchestra sintetica. C’è anche qualche lieve imperfezione, qualche tremolio di troppo, qualche nota che si sovrappone all’altra con troppo anticipo ma questo non fa che aumentare il fascino nebbioso di un’opera che al tempo aveva una notevole carica sperimentale e non aveva eguali: nessuno suonava questa roba (se escludiamo gli episodi ambient che costellavano anche i primi album di Burzum), certamente non con un piglio così teatrale, con tanto di pesante trucco da elfo demoniaco, e certamente non associando alla musica un certo tipo di immaginario che evidentemente l’accomunava al mondo black. Ed è proprio la freschezza ingenua e quasi adolescenziale (al tempo Håvard aveva circa diciotto anni) delle immagini create dalle note, allora non ancora inflazionate all’inverosimile come oggi, a costituire il maggior elemento di forza di questo disco: foreste innevate ed immerse nell’oscurità, tetri castelli che nascondono al loro interno terribili segreti, terrificanti troll e perfidi gnomi dalle orecchie a punta, potenti stregoni ed eroici guerrieri, insomma tutto l’affascinante armamentario di Dungeons&Dragons che tanta parte ebbe nella nascita della scena black norvegese, almeno in alcune delle sue più floride ramificazioni.

Qui però l’andamento è tutt’altro che epico e maestoso, come avverrà invece in alcune delle future incarnazioni del progetto Mortiis, quanto piuttosto dolente e malinconico: questa è la canzone del fantasma da lungo tempo dimenticato, che si aggira solitario per i boschi, facendo sentire la sua inquietante presenza in una dimensione di sogno; una figura sparuta e sinistra, persa nelle tenebrose ed intricate trame dei rami spogli d’inverno. Alcuni potrebbero considerare questo lavoro monotono, specialmente coloro che non apprezzano questo genere di sonorità, ai quali quest’opera evidentemente non è rivolta: al contrario, la ripetizione in loop delle stesse melodie per tutta la durata del disco, con il ritmico oscillare tra picchi di tensione e passaggi più rilassati, è parte integrante della magia dello stesso ed è anzi l’elemento essenziale che permette di calarsi completamente nell’universo creato dalla musica, un universo pieno di mostri ed insidie ma comunque meno pericoloso del mondo reale. Classico della musica ambient a tutto tondo, al quale in moltissimi si sono ispirati negli anni a venire benché sia stato registrato senza particolari ausili tecnici; un disco carico di suggestioni, uscito in un periodo in cui tutto era ancora avvolto nell’oscurità e nel mistero e c’era ancora molto da dire: da ascoltare obbligatoriamente se siete fans di Mortiis.