Ravanando qua e là negli angoli dell’underground dove si annidano i nemici dell’igiene, può capitare talvolta di imbattersi in qualche discreta sorpresa;nulla di rivoluzionario ma quanto meno qualcosa di interessante. È il caso di questa omonima demo di debutto degli statunitensi Melissa, giovane quartetto newyorkese formato da personaggi che provengono dalla scena punk/hardcore di Brooklyn e capitanato dalla singer Jane Pain, che si presenta con una foto atipica e alquanto provocatoria, che sembra voler fare un po’ il verso ai Mayhem, ed una cover con apprezzabile tettina in primo piano (ma anche un logo tanto semplice quanto bello).
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Questo breve ed intenso lavoro, che esce per la connazionale Flesh Prison Records, nonostante il titolo e il nome della band, sembra non avere niente a che fare con l’omonimo e seminale album d’esordio dei Mercyful Fate: siamo infatti di fronte ad una scarica di black metal rozzissimo, ampiamente sporcato da massicce dosi del punk più grezzo e stradaiolo, una sorta di ideale punto d’incontro tra Ildjarn e Bone Awl, con una spruzzatina di Darkthrone, Carpathian Forest, Impaled Nazarene e Motörhead (a voler scomodare dei nomi importanti), che fa del sound rustico ed artigianale e dei riff sgarbati e grossolani il proprio (unico?) punto di forza che, unito allo screaming brutale, villano e primitivo della frontwoman, ci restituisce un dischetto tutto attitudine e maleducazione.
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Non sono sicuro che si tratti di un mini-concept, anche se, a giudicare dai titoli dei pezzi, l’ipotesi potrebbe anche non essere scartata: ciò che conta però è il tentativo di unire l’oscurità tipica del suono del black metal norvegese anni novanta con elementi più groove/punkettosi; tentativo riuscito grazie alla breve durata, alle soluzioni adottate, decisamente dirette e lineari, alla registrazione assolutamente ruvida e ad un approccio arrogante, morboso e drogato, che trasuda rabbia e sporcizia da ogni nota e da ogni urlo.
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Dategli un ascolto, al grido di: più tettine, meno caproni!