Jumpscare

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È con grande piacere che ospitiamo sulle nostre pagine virtuali una band italiana un po’ distante dal genere che affrontiamo di consueto ma comunque sempre gravitante nella galassia del metal estremo. Si tratta dei melodic death metallers campani Jumpscare, che hanno all’attivo già diverse uscite, tra cui il full length “Don’t Close Your Eyes” del 2019. Eccovi la nostra piacevole chiaccherata, che fa luce su alcuni aspetti della filosofia della band, con interessanti divagazioni sull’approccio DIY e sui significati del colore viola…

Vorrei iniziare l’intervista in maniera un po’ diversa e chiedervi subito che filosofia musicale e concettuale gravita all’interno dell’universo dei Jumpscare…

Descrivere la filosofia sia musicale che concettuale è interessante da poter far capire ai lettori, per certi versi intrigante ma anche complicato. Potrei riassumere il lato musicale con il fatto che da sempre abbiamo voluto unire due poli: aggressività ed epicità, da un lato, melodia e pesantezza da un altro; ecco perché tra tutte le varie declinazioni possibili, dopo varie sperimentazioni con  demo ed ep siamo approdati ad attingere a piene mani dal death metal melodico, con riferimenti chiari ai primi In Flames, Dark Tranquillity e soprattutto At The Gates, senza escludere influenze più moderne e/o atipiche, siccome siamo quattro fratelli che ascoltano di tutto, condividono esperienze di vita e situazioni. Dal lato concettuale, trattare un argomento in una canzone, per esempio, è già di per sé complesso perché bisogna far collimare le idee ed i sentimenti di tutti noi in quanto, ovviamente, nel momento in cui ciascuno di noi compone prova delle emozioni precise; gli impulsi artistici nascono da qualsiasi cosa ed è chiaro che nel momento in cui si elabora quella composizione, chi le ha dato vita desidera che si parli proprio di quella cosa lì nello specifico e che non venga “adattata” ad elementi esterni. Bisogna coordinare molte teste, alle volte si è discusso sul parlare in prima o terza persona, perché parlando in terza persona in un certo senso ti poni da esterno, quasi a voler giudicare la vicenda narrata nella canzone, mentre io personalmente mi immedesimo in ciò che sto raccontando. Quando per esempio in “Dead Bodies” si è scritto che i corpi saltano in aria mi sono sentito come se fossi in un film, mi sono visto all’interno di uno scenario di guerra in cui io ero un soldato che vede i suoi amici che un attimo prima parlano e respirano e nel momento successivo volano per aria. Il mio desiderio era ed è che anche l’ascoltatore si immedesimi al punto da “vivere” quella situazione sulla propria pelle, è per questo che attribuisco così tanta importanza alla persona. Chiunque può pensare che sia facile scrivere un testo in prima persona, in realtà non è affatto così. I Jumpscare all’atto pratico potrebbero parlare di qualsiasi cosa, in futuro per esempio mi piacerebbe studiare ed ampliare il concetto di valore, il valore che noi diamo alle cose. Quello che vogliamo fare è dare molta importanza al lato concettuale che sta dietro al nostro progetto: dalla musica, alle grafiche, alle liriche. Come un organismo unico vogliamo trovare il giusto equilibrio tra noi che componiamo musica tutti insieme e viviamo il progetto ventiquattr’ore su ventiquattro con la nostra idea di vita, di musica e di spettacolo.

Se un giorno la vostra band ricevesse la chiamata da parte di uno scrittore per scrivere un libro autobiografico, che titolo avrebbe e che genere di manoscritto ne uscirebbe?

Bella Domanda! È un po’ difficile dare un titolo anche perché ne deve passare acqua sotto i ponti (il progetto ha compiuto cinque anni a novembre). Per evitare di dilungarmi azzarderei un titolo tipo “Sweat, Blood & Sacrifice”. Voglio evidenziare proprio quanto sudore, sangue e sacrificio ci sia quando si tenta un percorso musicale in un genere difficile come quello del metal underground.

In questa società così malata un genere come il melodic death metal potrebbe essere un qualcosa di positivo? Nel senso, una vera manna creativa per creare canzoni e album?

In questa società malata qualsiasi spunto di creatività che possa nascere attraverso la musica, l’arte e l’iniziativa culturale è una manna dal cielo. Viviamo in una epoca dove la banalità e la superficialità la fanno da padrone, qualsiasi cosa che possa servire a scuotere gli animi e soprattutto a dare spessore, in questo caso la musica metal, alla nostra vita, è benvenuta. Il melodic death metal ci piace perché abbiamo una folta gamma di ispirazioni da cui poter attingere ma non vogliamo limitarci solo al melodic death nordeuropeo, abbiamo sempre voluto metterci tutte le influenze che volevamo. Però comunque ti dico che, alla fine, non credo bisogna eccessivamente ghettizzarsi in nomi, generi e dogmatismi vari che siano musicali, filosofici che relativi allo stile di vita d’ognuno. Il mio è un discorso proprio ampio, che non riguarda solo la musica, ma la vita artistica in generale.

Quando la creatura Jumpscare ha mosso i primi passi con la creazione dei primi brani e con le due demo di debutto, che emozione avete provato?

Entusiasmo! I Jumpscare sono nati dopo vari progetti fallimentari, con i quali non siamo riusciti neanche a fare una registrazione seria. Puoi immaginare la bellezza di vedere finalmente la tua musica pronta per l’ascolto e per la distribuzione. Lo stesso entusiasmo del giorno zero e lo stesso di adesso. La musica è il nostro sogno e vogliamo trattarla come tale. Ci sacrificheremo sempre per essa, perché è una cosa che ci piace e che vogliamo fare.

Nel 2020 è uscita la compilation “Enjoy The Scare”. Per quale motivo far uscire un formato del genere e con che modalità sono stati scelti i pezzi?

La compilation è uscita “per colpa” della pandemia. Abbiamo cercato di occupare il tempo producendo questa compilation di cover e di remix per cercare sempre di essere attivi, anche in un momento che ha visto l’arresto forzato di tutte le attività live e della promozione del disco. Abbiamo coinvolto vari membri di gruppi amici, vari amici/artisti che stimiamo parecchio ed abbiamo semplicemente dato sfogo alla fantasia. Abbiamo collaborato nuovamente con Piercarlo Bormida (Bormanus) per il remix di “Dead Bodies”, con il nostro amico Davide Ricci dei Deaf Autumn per un cover degli A Day To Remember (che non sono vicini al nostro genere ma a noi piacciono, siccome ascoltiamo di tutto), con varie band (ben sei!) per la nostra versione di “Only For The Weak” degli In Flames dall’album “Clayman”, che l’anno scorso ha celebrato i vent’anni con l’uscita di versioni ri-registrate dalla band svedese che hanno, come sempre, diviso il pubblico. Le altre canzoni sono dei brani “extra” che volevamo pubblicare semplicemente per il gusto di farlo! La compilation è uscita solo in formato digitale e solo sulla piattaforma Bandcamp per omaggiarla. Siccome i Bandcamp Fridays sono stati davvero importanti per noi durante il 2020, ci sentivamo di omaggiare i nostri amici, i nostri fan e la piattaforma che ha maggiormente aiutato tutti i musicisti indipendenti in difficoltà.

La vostra musica la autoproducete tramite la vostra Vault Lab Recordings. Quanto potrebbe essere un bene per la questione del totale autocontrollo sulla vostra musica e quanto potrebbe invece essere una soluzione negativa per la distribuzione?

Avere un nostro studio è sia una cosa positiva che negativa, come dici tu. Come produzione in generale, finalizziamo il tutto sempre con altri produttori ed in altri studi. Da noi di solito si fa il tracking degli strumenti, le demo e le pre-produzioni (per il nostro progetto). Ci affidiamo sempre a persone esterne per finalizzare i nostri lavori semplicemente perché riteniamo che comunque un professionista esterno al nostro gruppo può aiutare nella realizzazione di un prodotto migliore. Non abbiamo ancora le spalle grosse per produrci tutto da zero, vogliamo sempre migliorare e confrontarci con le persone che possono aiutarci a crescere. La nostra etica (finché non troviamo le persone giuste con cui collaborare) è quella del DIY, con i pregi e difetti del caso. ll DIY è un’etica nata e diffusa all’interno della cultura punk, tra le etichette più importanti citerei Flat Earth Records, Loony Tunes Records, Profane Existence e Crass Records, mentre tra i gruppi più noti si segnalano Black Flag, Crass, Fugazi e tanti altri anche della schiera straight edge (che mi interessa avendo aderito a tale filosofia di vita). Dall’autoproduzione dei dischi poi l’etica del DIY si è anche espansa, per abbracciare sempre più aspetti della vita quotidiana e della commercializzazione. Un altro aspetto importante del DIY è la produzione e distribuzione di fanzine, ossia giornali autoprodotti, che cercavano di diffondere notizie e idee della scena punk. Col tempo poi si è arrivati anche a magliette, toppe, spille e beni di consumo materiali, quali saponi e oggetti per la cura del corpo. Grazie all’hardcore americano dei primi anni ottante, il DIY ha avuto una larghissima diffusione tra i gruppi e i giovani, fino a diventare una vera e propria scelta non solo musicale ma anche di vita. Non vogliamo escludere però qualsiasi futura collaborazione con altre realtà, infatti siamo super orgogliosi di aver stretto varie collaborazioni con diverse organizzazioni e realtà in tutta Europa. Fortunatamente l’era digitale ci aiuta riguardo la distribuzione (soprattutto quella digitale) essendo presenti su tutti gli stores digitali più diffusi dai più piccoli ai più grandi. Internet è stato utile anche per stringere collaborazioni con alcune distro, label e mail orders da tutto il mondo per far girare al meglio il nostro nome e la nostra musica.

Vorrei avere delle maggiori informazioni sulla cover dell’ep “Chthonic Dreams” (2017) e anche sui colori così particolari da voi usati…

Il colore utilizzato, a sfumature diverse, sia per “Don’t Close Your Eyes” che per “Chthonic Dreams” è stato il viola. L’ep è stata un’esperienza bellissima, abbiamo collaborato con il mio carissimo amico (e Duca del Bardo) Piercarlo Bormida, col suo progetto Bormanus, e Troy, cantante del gruppo neofolk HERR. Si può utilizzare l’energia del viola per favorire la connessione con la propria parte spirituale, con il sé superiore. Il viola purifica i pensieri, favorisce l’ispirazione, sviluppa i talenti e la creatività. Energia di tipo “freddo”. Il colore usato negli abiti talari. Nascendo dalla mescolanza di rosso (amore) e blu (saggezza) è il colore della metamorfosi, della transizione, del mistero e della magia. È il colore della spiritualità ma anche della fascinazione erotica, indica l’unione degli opposti, la suggestionabilità. Il viola rappresenta spesso ricchezza e giustizia e passività. Stimola i pensieri e l’intelletto, calma i disturbi mentali e le nevrosi quando prevalgono irritazione ed eccitabilità. Per questo abbiamo scelto il colore vuole per le due nostre release.

Un giorno nella musica dei Jumpscare ci saranno elementi diversi, come ad esempio accenni di musica elettronica o strumenti come sax o violino?

Non escludiamo alcuna evoluzione soprattutto per quanto concerne i futuri lavori. Le orchestrazioni e il mix tra alcuni elementi elettronici, l’uso di tastiere e soprattutto alcuni suoni ambientali, ma anche l’utilizzo di alcuni strumenti etnici (sia della nostra cultura che di altre): non è da escludere nessuna delle ipotesi sopracitate. Siamo assolutamente in divenire ed in continua evoluzione! Mai dire mai! Adesso stiamo bene in quattro e per ora non vogliamo alcuna aggiunta alla line up ma non escludiamo nulla. È molto più verosimile al momento l’aggiunta nostre backing tracks (registrate e suonate comunque da noi) che di un altro membro effettivo.