Trovarsi tra le mani un nuovo disco dei Sargeist è come incontrare dopo tanti anni la ragazza più bella della scuola: ti ricordi benissimo che ai tempi tutti le sbavavano dietro ma oggi avrà mantenuto il suo fascino? Nata nel 1999, la band di Tampere è tra i maggiori esponenti della classica scuola black metal finlandese, caratterizzata principalmente da un’espressione chitarristica malinconica, triste e amara, collegata a doppio filo con un’aura melodica costantemente intrisa di atmosfere malate e disperate. Sesto lavoro in studio, “Flame within Flame” esce a ben sette anni di distanza dall’ambizioso e per certi versi controverso “Unbound” e presenta qualche limitata novità nell’ambito di un sound che resta assolutamente riconoscibile, nonostante lo stravolgimento nella line up. Shatraug, mente e motore del progetto, infatti ha deciso di mettersi direttamente dietro il microfono, sostituendo Profundus, presente nel già citato “Unbound” e nell’ep “Death Veneration”; al basso si è insediato il compagno di sventura Spellgoth, non certo l’ultimo arrivato considerata la sua presenza in Horna, Trollheims Grott e tanti altri; alle chitarre è stato confermato VJS, protagonista di un lavoro notevole così come il nuovo drummer Nur-I-Siyah, potente e diretto.
L’esperienza d’ascolto parte dalla copertina, decisamente old school, che ritrae un oscuro sacerdote con in mano un vaso infuocato decorato con piccoli teschi: un’immagine che ben rappresenta questi quaranta minuti di black metal tirato, evocativo e melodico. I pezzi sono come sempre costruiti sull’evoluzione di riff vorticosi che si ripetono ciclicamente fino all’ossessione, accompagnati da un drumming compulsivo, che raramente lascia spazio a momenti di pausa; il tutto accompagnato dai sermoni abrasivi e disperati di un prete presumibilmente posseduto da qualche entità demoniaca. Il cantato di Shatraug è la piccola novità di cui parlavo: il suo approccio vocale è differente rispetto a quello dei suoi predecessori, meno acuto, più monocorde ma non per questo di minore impatto, pur girando su un registro medio anziché costantemente alto. E se all’inizio potrebbe sembrare fuori luogo, ascolto dopo ascolto ci si rende conto di come lo stile di Shatraug si sposi perfettamente con l’atmosfera che trasuda da queste nove tracce, meditative pur nel loro incedere isterico e caotico. Inoltre in “Flame Within Flame” il cantato, a differenza che in passato, sembra ricoprire un ruolo di maggiore importanza, quasi incarnando l’elemento più primordiale, mentre le chitarre si possono concentrare nel tessere le ormai ben note melodie.
Nonostante la ripetitività di fondo del riffing, il disco appare ricco di differenze strutturali e compositive, gran parte delle canzoni includono parti atmosferiche che vanno in brutale contrasto con quelle più violente, lasciando tuttavia un senso di continuità che rende il lavoro del tutto fluido. Mi sembra riduttivo soffermarsi sui singoli pezzi ma vorrei citare quelli che a mio giudizio sono gli highlights del disco, ovvero “Ordained And Adorned”, che si districa tra i suoi cambi di tempo come un uomo morente rassegnato al suo destino, e la seguente “To The Mistress Of Blackened Magic”, sorta di oscuro incantesimo con un main riff che sembra danzare nella notte evocando chissà quale spirito maligno. Di acqua sotto i ponti dall’esaltante “Satanic Black Devotion” ne è passata parecchia ma questo “Flame Within Flame”, senza strafare, riesce comunque ad essere un’esaustiva fotografia dello stato di forma attuale del black metal di scuola finlandese. Chiedere di più nell’anno domini 2025 ad una band che, nonostante la sua relativa notorietà, vive nel limbo dell’underground da ormai venticinque anni, predicando oltranzismo e dedizione, sarebbe probabilmente eccessivo.
