ARKHON INFAUSTUS + DEMONOMANCY + BLACK FAITH 04/04/2018

– TIKI TAKA VILLAGE (Francavilla al Mare)

 

Il Tiki Taka Village, che ha ospitato il festival Metal Frantic dallo scorso anno, festival che si ripeterà anche nel 2018 con gli Enslaved tra gli headliners, durante il corso della stagione organizza alcuni eventi più piccoli ma comunque degni di nota, soprattutto per il loro sapore underground, spesso con gruppi che una decina di anni fa andavano per la maggiore in ambito Black e Death.

Essendo tra fine inverno e inizio estate viene purtroppo preferita la tensostruttura esterna e adiacente al bar, piuttosto che un palco dedicato come avveniva nel periodo estivo; questo sia per risparmiare sul service, sia per ragioni climatiche. Dico purtroppo perché mentre lo spazio esterno si presta bene alla realizzazione di eventi live, la suddetta tensostruttura non è ugualmente accogliente, per usare un eufemismo, sia a livello ambientale che a livello sonoro, avendo una dispersione pressoché assoluta e un impatto visivo oggettivamente brutto.

La serata in questione vede esibirsi come apertura il gruppo locale dei Black Faith, di cui avevo già parlato, e che propone un Black Metal abbastanza canonico, legato alla seconda ondata norvegese. Ero curioso di sentire il gruppo spalla degli headliners, i capitolini Demonomancy, dediti per l’appunto a un Black\Death che strizza l’occhio agli anni ’80 per estetica e composizioni, estetica da chiodo e borchie, per intenderci, e andamento Speed Metal. Come gruppo principale i transalpini Arkhon Infaustus, sempre dediti a un Black\Death, ma questa volta più moderno e tendente al Brutal tecnico e ferale, che durante gli anni duemila hanno rilasciato 4 full di sicuro impatto e interessanti per la critica dell’epoca, per poi sparire circa dieci anni fa e tornare con un EP nel 2017.

Biglietto di ingresso 5 Euro se si arriva prima delle 21, altrimenti 8, con possibilità di mangiare arrosticini e cibaria varia e di bere birra e roba da bancone del bar.

Si parte, i Black Faith si esibiscono con un pubblico ancora distratto dalla partita che dava il bar in Tv, Barcellona-Roma, che magari non andava trasmessa a favore del concerto, creando un’atmosfera simile tra locale e tensostruttura, non per altro per favorire l’evento Black Metal.

I Black Faith sono come li ricordavo nell’esibizione di questa estate, una buona band che però perde d’impatto a causa dell’immagine poco credibile della chitarra ritmica e del bassista che, onestamente, non mi hanno convinto granché, sia a livello esecutivo che attitudinale. Il frontman Snarl e il batterista invece procedono sicuri e credibili e la band nel complesso propone un Black classico senza infamia e senza lode, sicuramente con grossi margini di miglioramento ma anche con alcuni spunti interessanti. Forse una maggiore interazione con il contorno gioverebbe, capisco che il Black Metal si sposa con la misantropia ma in alcune circostanze bisogna sdrammatizzare e fare uno spettacolo più live e movimentato, ecco. Anche perché la musica ha bei riff e l’andamento dei pezzi è dinamico.

I Demonomancy, quelli italiani visto che ne esistono manciate di gruppi con questo nome, promuovono il loro disco fresco di pubblicazione “Poisoned Attonement”. Purtroppo un suono pessimo non permette al gruppo di rendere al meglio; nonostante ciò si nota il piglio sostenuto e le soluzioni proposte sono interessanti.

Come dicevo si tratta di uno Speed Metal sporco e veloce, con dei riff ispirati al Death anni ’80 con qualche venatura sinistra, un andamento oscuro e allo stesso tempo sfrontato, che oscilla tra il serio e il faceto, con liriche semplici e votate assieme alla musica all’headbanging. Una prova tirata, interessante, rovinata dall’ambiente con poco trasporto e dal suono di merda, che rasenta a tratti la cacofonia. Peccato, perché il gruppo dal vivo merita, nonostante la giovane età dei componenti.

Gli Arkhon Infaustus erano spariti da dieci anni a questa parte e tornano col solo DK Deviant come membro originale (ora voce e basso live), un chitarrista a cui piace la bottiglia (il che non è un difetto) e un secondo chitarrista e seconda voce giovane ma leggermente spaurito. L’innesto di qualità è il batterista Skvm, che suona con svariati gruppi ed è tecnicamente mostruoso e velocissimo. Chi conosce gli Arkhon saprà che la ritmica è tecnica e indiavolata nei loro brani.

La gente è poca, purtroppo, e la band non pare entusiasta di suonare, ovvero dà l’impressione di volersi togliere questo fastidioso dente per poi tornare a bere beatamente fino allo svenimento; in tal senso non aiuta il service imbarazzante, con spie praticamente non funzionanti e un trigger alla cassa della batteria che emette suoni molesti per cui addirittura il concerto deve interrompersi più volte.

Si parte con intro e “Amphessatamine Nexion” dall’ultimo EP, al sottoscritto sconosciuto in quanto recente, per poi fare un tuffo nel passato di ben 17 anni con “Dead Cunt Maniac”, un Brutal Death meno tecnico e amabile ma comunque apprezzabile. Si salta poi a Orthodoxyn con “When They Have Called”, pezzo molto tecnico e tirato, poi un altro brano nuovo meno emozionale per me, poi si va finalmente al bellissimo Hell Injection, con un paio di brani, album d’esordio brutale, più banale degli altri ma al contempo più emblematico e significativo. “M33 constellation” è un pezzo che conosco a memoria e ho apprezzato particolarmente sentirlo dal vivo, molto ben composto e d’impatto, dove il riffing Black è emozionante, poi “Ravaging The Nine Pillars” che mi pare di aver riconosciuto, ma forse ero ubriaco, e un paio di pezzi conclusivi. Una prova maiuscola rovinata dal suono obiettivamente deficitario e dell’ambiente annoiato e un po’ moscio. Gli Arkhon Infaustus dopo un inizio incerto prendono coraggio e sfornano comunque una prova sufficiente.

Una serata dunque caratterizzata da luci e (molte) ombre, in un locale che deve migliorare il modo di presentarsi e la qualità del service, se vuole continuare a proporre – e con maggiore successo – questa tipologia di live.