LaColpa – Post Tenebras Lux

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Legge dell’uomo è di peccare il meno possibile. Non peccare affatto è il sogno dell’angelo; ma tutto quello che è terrestre è sottoposto al peccato, poiché il peccato è una gravitazione” (Victor Hugo). Dal peccato nasce la colpa, che mai come ora attanaglia l’uomo occidentale. E dal peccato nasce probabilmente anche LaColpa, band alessandrina che, dopo il debutto “Mea Maxima Culpa” del 2017, giunge alla seconda fatica sulla lunga distanza con questo pachidermico e monolitico “Post Tenebras Lux”, edito dalla sempre più attiva Brucia Records, un cammino di espiazione attraverso la sofferenza inflitta alla carne e allo spirito, che ci conduce al raggiungimento della luce oltre le tenebre: una luce che tuttavia è soltanto amara consapevolezza della nostra miserabile condizione perché, in fondo, l’umanità non è nient’altro che un errore del suo creatore, come canta (anzi declama) il singer Mario W. Gacy sul finire di “Relics”. Scoppi di rabbia black metal intrappolati in un magma rumoristico nero come la pece, macigni sludge/doom che rotolano con grande lentezza lungo un pendio solo lievemente inclinato; e il tutto immerso in un delirio noise/drone pastoso e disturbante, dal quale le urla di dolore ci giungono colme di tormentosa afflizione, come i lamenti finali di chi sta per essere trascinato via dal fango.

Non è certamente un disco di facile e immediata assimilazione questo, considerando anche che i nostri amici quasi sempre si divertono a destrutturare la tradizionale forma canzone, privando l’ascoltatore dei consueti punti di riferimento e lasciandosi andare a momenti che sanno di pura improvvisazione, per seguire la loro vocazione nichilista e dipingere al meglio le minacciose visioni che attanagliano lo spirito dell’uomo penitente. Suggestioni provenienti da Abruptum, MZ412 e Sektarism si susseguono sulla strada della conoscenza attraverso il martirio: e se riusciamo a tratti ad afferrare qualche riff ed a seguire qualche linea ritmica, ecco che veniamo subito completamente travolti da paludose ondate noise; e allora preferiamo abbandonarci senza opporre resistenza, permettendo alla nervosa batteria di “Black Opal” di colpirci ripetutamente allo stomaco, perdendoci nei meandri labirintici della criptica “Martyrdrome” (cuore pulsante dell’album e a mio giudizio vero manifesto della poetica del gruppo), lasciandoci cullare dall’inquietante nenia che apre e chiude “Welcoming The Agony” e sorridendo beffardi di fronte al sacrificio finale della già citata “Relics”, che con i suoi diciotto minuti ci annichilisce del tutto, fino alle tenui note acustiche che la concludono.

Certo, le soluzioni adottate dalla band nostrana non sono di per sé originali ma l’approccio radicale e genuinamente estremo rende questo disco davvero un osso duro da digerire, anche per i palati più abituati ad ogni genere di nefandezza sonora. Ragion per cui “Post Tenebras Lux” è un lavoro che va ascoltato con la giusta concentrazione, perché non sono ammesse distrazioni lungo la strada della purificazione: un’esperienza sonora da provare, che evidenzia una quadrata lucidità concettuale e mantiene ancora intatta una certa carica sperimentale.