Ringarë – Thrall Of Winter’s Majesty

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Questo 2021, disgraziato sotto molti aspetti come il suo predecessore, ci ha offerto alcune egregie uscite per quanto riguarda il filone, a dire il vero quantitativamente sempre florido, del black metal atmosferico (e, su tutti, basterebbe citare l’ultimo “Rotten Garden” dei russi Grima). In questo sottogenere, così affascinante e al tempo stesso ormai inflazionato, come del resto tutti i sottogeneri black, rientrano a pieno titolo anche i Ringarë, duo formato dallo statunitense Esoterica e dallo svedese Likpredikaren, entrambi coinvolti in molti altri progetti underground, fra i quali vale la pena di ricordare Chaos Moon e Summum. “Thrall Of Winter’s Majesty” è la loro seconda fatica sulla lunga distanza, a due anni di distanza dal predecessore “Under Pale Moon”, e contiene quattro lunghi brani, a cavallo tra black metal atmosferico e dark dungeon synth meditativo e dal piglio naturalistico, originariamente scritti nel 2004 ma che solo ora vedono la luce, quella tenue e nebbiosa dell’inverno. Sì, perché questo album è un vero e proprio inno alla magnificenza algida e regale della stagione più fredda dell’anno e si muove sicuro tra influenze provenienti in egual misura da gruppi come Lustre e Paysage D’Hiver, Vinterriket e Midnight Odyssey, senza tralasciare qualche reminiscenza diretta dai lavori ambient di Ildjarn e dei Summoning, che nel tessere questo genere di trame sono e restano dei maestri indiscussi.

Nonostante questi riferimenti più o meno espliciti, che l’orecchio allenato sicuramente potrà cogliere, c’è da dire che i Ringarë riescono a confezionare un album che funziona, mescolando con buona padronanza l’aggressività e la ferocia del black metal con l’approccio introspettivo dell’ambient, le linee di chitarra con gli onnipresenti tappeti tastieristici, e conferendo all’insieme la necessaria dinamicità, che si regge su cambi di tempo non eccessivamente articolati ma coerenti con la proposta musicale e su una registrazione che bilancia bene lo slancio “cosmico” dell’ambient con la veemenza dell’elemento più tradizionalmente black. Non vi è in realtà nulla che possa effettivamente sorprendere chi si nutre da tempo di questo genere di sonorità ma è innegabile la capacità dei nostri due amici di disegnare paesaggi musicali coinvolgenti, privilegiando il lato emotivo, malinconico e descrittivo, senza tuttavia rinunciare ad una certa ricerca melodica ed a strutture familiari: e così abbiamo la sontuosa opener “Witness To Winter’s Lament”, che nei suoi dodici minuti abbondanti di durata rappresenta un po’ la summa poetica del disco, con le tastiere che riempiono bene tutti gli spazi e determinano l’atmosfera generale del pezzo, le chitarre che fanno da contraltare con melodie insistite e ripetute che si guadagnano spesso la ribalta, la sezione ritmica in secondo piano ma non del tutto trascurata, ed il classico screaming ruvido e demoniaco ad incorniciare il tutto.

Ed ancora la title track, nella quale l’elemento melodico viene decisamente in primo piano, grazie soprattutto ad un’ottimo stacco chitarristico a metà brano; ed infine i due episodi completamente ambientali, tra i cui mi sento di citare specialmente la conclusiva “A Paean For Endless Snow”, delicata song divisa in due parti che sembra davvero la colonna sonora, al tempo stesso rilassante ed inquietante, evocativa e misteriosa, di un’abbondante nevicata notturna. In definitiva questo “Thrall Of Winter’s Majesty” è un album che vive di contrasti ma anche di equilibri, tra passaggi più sfumati e la consueta durezza black, mettendo in mostra una qualità compositiva ed esecutiva non comune e riuscendo ad emergere tra le molte uscite del genere: l’ascolto quindi è sicuramente consigliato. “Foretold, the mysteries of death’s kingdom. Ensnared by revelation, suspended betwixt eternity. To worship the season, to worship death. Thrall of winter’s majesty.”.