“Manserunt”, cioè “sono rimasti”, in latino. Il riferimento è agli spiriti (non per niente il presente lavoro si intitola “Geist”, appunto “spirito”, questa volta in tedesco), o anime se preferite, di coloro che abitarono la casa di famiglia di uno dei componenti del gruppo, e “manserunt” è anche la scritta dipinta nel salone di questa casa, oltre ovviamente ad essere il nome della band. Inoltre le foto dell’artwork sono prese dalla menzionata casa e il disco racconta di esperienze soprannaturali e manifestazioni nelle stanze della magione, evidentemente impregnate dalle presenze dei suoi precedenti occupanti. Tutto molto umido e nebbioso, un’atmosfera da gotico padano o da racconto del terrore di inizio del secolo scorso. Esattamente l’atmosfera che trasuda dalle note di questo ep di debutto, che esce sotto l’egida della misconosciuta etichetta statunitense Adirondak Black Mass. Il gruppo, per completare le presentazioni, è composto da membri di diverse realtà underground di cui ci siamo ampiamente occupati sulle nostre pagine virtuali, nella fattispecie M. e U. degli Urluk, rispettivamente voce e chitarra, e Schizoid dei Malauriu, anche lui alla chitarra, coadiuvati da Na Zarot, mente e motore dell’omonimo progetto solista tedesco, al pianoforte, autore di intro, outro e intermezzo (la title track). Brani che fanno da cornice, con il loro suono da vecchio vinile gracchiante, ai pezzi veri e propri, che sono quindi quattro. E sono costruiti su un riffing black molto classico, alternando parti decisamente raw a momenti più riflessivi e malinconici, nei quali emerge un mai sopito piglio vagamente depressivo.
Come se i vecchi Darkthrone, con una punta di melodia finlandese, si unissero in un grigio connubio a gente come Nocturnal Depression e Anti. Paragoni a parte (che, è noto, piacciono sempre molto a noi scribacchini), qui tutto è piuttosto basico e minimale e riconduce ai primi anni novanta ma gli ingredienti, pur se non nuovi, sono comunque mescolati in maniera egregia, e quello che ne viene fuori è un lavoro più che discreto, incentrato sul guitar work ma anche su una certa atmosfera decadente, senza che un elemento prenda necessariamente il sopravvento sull’altro. E basti ascoltare l’opener “The Room That Looks”, pezzo migliore del lotto a mio giudizio, per rendersene conto: un riff di estrazione old school regge le strofe, incorniciato dalla tipica cascata di blast beats, mentre nel ritornello il ritmo rallenta ed entra in scena un’evocativa chitarra acustica, con sottofondo di pianoforte, a rimarcare la dualità emotiva del brano. Una struttura compositiva che ritroviamo sostanzialmente in tutte le canzoni, tra cui vorrei segnalare anche “The Arm In The Ditch” e “Four Cracked Windows”, l’unico brano dove i break dal sapore depressive sono rimpiazzati da parti più cadenzate, con un risultato comunque convincente.
C’è sicuramente qualcosa degli Urluk in questo lavoro, un certo afflato nostalgico e brumoso, anche se i Manserunt si muovono nei territori di un black metal più nudo e crudo e beneficiano forse di una registrazione più nitida e levigata (targata Toxic Basements Studio). “Geist” ci insegna, o meglio ribadisce ancora una volta, che in realtà il black metal è una cosa semplice e al tempo stesso indefinibile: basta azzeccare il riff giusto e tenere alta l’ispirazione (sembra facile ma non lo è!) e tutto il resto viene di conseguenza, anche se in fin dei conti si suona qualcosa che molti altri hanno già suonato in passato. Ma poco importa: immergetevi in questo viaggio con nostalgia e rispetto per quelli che “sono rimasti” e non abbiate paura dei fantasmi!