Malauriu / Lykten – Split

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Lo split, lo sappiamo, è un formato meno impegnativo del full length, è molto utile per far circolare il nome dei gruppi in ambito underground e talvolta custodisce piccoli tesori e canzoni perfino più interessanti di quelle che finiscono sull’album. In questo caso ad unire le forze sono due realtà siciliane delle quali abbiamo già avuto modo di occuparci sulle nostre pagine virtuali, ovvero i veterani Malauriu (ormai la band è in giro da un decennio) e i più giovani Lykten. I Malauriu pubblicano materiale con cadenza regolare e infatti questo split vede la luce (delle tenebre) a circa un anno di distanza dal precedente e ben riuscito ep “De Natura Obscuritatis”. I tre pezzi qui presenti sono l’ennesima dimostrazione dell’eclettismo compositivo dei nostri amici, che una volta di più riescono a restare fedeli alle loro radici, che affondano chiaramente nella tradizione del black metal più retrò, e al contempo a dare sfogo a godibili variazioni stilistiche.

Si parte con “Ares Irae”, buona intro acustica dal sapore insieme rituale e vagamente epico, che crea la giusta tensione prima dell’attacco di “Goat Metal”, brano assolutamente putrido e old school, idealmente a metà strada tra Bathory e Possessed, che pesca a piene mani da tutta la scuola del metal estremo di matrice ottantiana, senza tralasciare qualche rigurgito speed e thrash vecchia maniera, come dimostrano i vari e fulminei assoli che lo costellano e l’urletto iniziale di slayeriana memoria.

Ad un’inizio così sulfureo e caprino fa da contraltare l’inaspettata cover di “Mongoloid” dei Devo, padrini della new wave (chiunque abbia vissuto l’epopea di MTV si ricorderà sicuramente almeno delle loro divise gialle e dei loro strani copricapi), che violenta a dovere la versione originale (anche e soprattutto per quanto riguarda il cantato), pur riproponendone l’energia nervosa, il piglio schizofrenico e (ebbene sì!) l’andamento a tratti danzereccio. Se i Malauriu sorprendono, dal canto loro i Lykten confermano quanto di apprezzabile ci avevano già fatto ascoltare nell’ep d’esordio “When The Clouds Approaches And Covered The Moon”, risalente a circa un anno fa, del quale mantengono sostanzialmente inalterato l’approccio stilistico, potendo però beneficiare di una batteria “in carne ed ossa”, il cui suono corposo è decisamente più confacente all’atmosfera oscura e medievaleggiante che avvolge il black metal della band catanese.

Un black metal legato a doppio filo alla classica scuola norvegese dei primi anni novanta, e in particolare a numi tutelari come Darkthrone e primi Satyricon, senza tuttavia essere privo di un certo gusto melodico, come dimostrano “…Of Wind” e “The Siege”, brani quadrati e canonici ma indubbiamente coinvolgenti, specialmente quest’ultimo, con la sua partenza indiavolata e il buon break chitarristico centrale quasi “pulito”, che presto trascolora in un riff sempre più incalzante.

Chiude “Liturgy”, conclusione ambientale dal gusto orrorifico, che distorce l’inquietante suono di un organo, come se provenisse da un vinile vecchio e malandato. Come dicevo in apertura, gli split a volte custodiscono piccoli tesori: questo è una testimonianza del discreto stato di forma della scena siciliana (e più in generale italiana) e i cultori dell’underground lo troveranno senz’altro di loro gradimento.