Una band che ha sempre dimostrato grande devozione verso quella che una volta si chiamava la “fiamma nera” sono i Nattverd, combo norvegese che ha esordito sulla lunga distanza solo nel 2017 ma che vanta già una discografia piuttosto nutrita e vede tra le sue fila la partecipazione di membri di Nordjevel, Svartelder e Trollfest. Non si può dire quindi che l’esperienza non sia una qualità propria di questa creatura mostruosa, che con “Tidloes Naadesloes” è giunta al traguardo del quinto full length. Ad essere del tutto onesti però i Nattverd sono il tipico esempio di gruppo gregario, appartenente alla classe operaia della scena black norvegese in quanto, nonostante i loro lavori siano sempre stati di discreta fattura, non sono mai riusciti a compiere quel balzo decisivo che li consacrasse a band di punta. Sarà probabilmente una proposta fortemente standard, debitrice in tutto e per tutto della così detta seconda ondata, sarà la conseguente sensazione che i nostri amici compongano con il pilota automatico, fatto sta che sono rimasti intrappolati in quel limbo fin troppo popolato da gruppi che, pur suonando bene, non riescono mai a uscire dalla fascia intermedia, rimanendo prigionieri di sé stessi e di quell’attitudine oltranzista che può piacere ma spesso è lo schermo dietro cui si cela la mancanza di personalità.

Questo nuovo lavoro è l’esempio concreto di quanto appena detto: quarantasei minuti ben equilibrati e suddivisi in dieci tracce di assoluta coerenza, una copertina decisamente più anonima rispetto a quelle dei lavori precedenti e un black metal barbaro come da tradizione che tuttavia non riesce mai a spiccare il volo come dovrebbe. Non fraintendiamoci, in “Tidloes Naadesloes” funziona tutto bene ma forse proprio questo è il problema. Per la quinta volta consecutiva i norvegesi decidono di rimanere stazionari nella loro comfort zone, fatta di velocità e cattiveria, ricadendo in uno schema del tutto prevedibile dal punto di vista compositivo e non solo. A differenza dei precedenti lavori le parti tiratissime sono preponderanti e quindi il blast beat e il tremolo sono assoluti protagonisti, cosa che fa relativamente venire meno quel tocco di malignità evocativa presente soprattutto in “Styggdom”, forse ad oggi il loro disco più convincente. Quest’ultimo platter invece è una dimostrazione di forza, tanta è la furia che contiene, anche se si tratta di una furia ben controllata e ragionata perché i Nattverd a dispetto della brutalità riescono comunque, incorporando anche alcune parti acustiche, a trovare la strada della melodia, seppur sommessa, tuttavia presente e a tratti efficace, e sanno quando rallentare e aggiungere piccoli dettagli per accentuare il lato più drammatico della loro musica.

Nonostante quindi il disco abbia una sua forma definita, quello che resta al termine dell’ascolto è una manciata di pezzi che si possono ricordare sostanzialmente per la violenza esecutiva e qualche cambio di tempo ben riuscito, come l’opener “Iskalde Horn”, l’oscura “Doedsfugel”, con il suo bizzarro carillon da film horror di bassa lega, la massacrante “Udyr” e l’altrettanto martellante e conclusiva “Ens Egen Grav”, mentre il resto è mestiere ben riuscito. “Tidloes Naadesloes” è un disco che vale comunque la pena di ascoltare, magari tutto d’un fiato ma senza aspettarsi colpi di genio o spunti innovativi. Durante i loro momenti migliori i Nattverd sembrano estremamente cattivi e al tempo stesso disciplinati, lasciando intravedere la possibilità di creare qualcosa che possa superare la routine del black metal: è il momento di improntare gli sforzi verso la ricerca di una maggiore personalità, cosa che in questo disco purtroppo manca.