BEWITCHER + DEVASTATOR – THE BLACK HEART LONDON 24/05/2025

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Trovare una bella giornata un 24 maggio a caso a Londra è sempre un terno al lotto ma la fortuna ha voluto che il clima nella capitale inglese fosse piacevolmente mite, a tratti perfino soleggiato, così da ben predispormi per il week end. E cosa aggiungere a tutto ciò per rendere la giornata perfetta? Direi un bel concerto di black/thrash metal old school al “The Black Heart” di Camden Town! La serata si preannuncia molto interessante, con due band di valore e prospettiva come gli inglesi Devastator e gli americani Bewitcher a contendersi la posta sul piccolo palco del celebre locale londinese, entrambe reduci dalla pubblicazione di un disco nel 2024 e da svariate date live. E sono soprattutto gli headliner della serata ad attirare attenzione, considerato che poco alla volta stanno ottenendo una certa visibilità e calcando palchi importanti di spalla a band di livello internazionale come Death Angel e Municipal Waste. L’iconica location, per chi non lo sapesse situata nel cuore di Camden Town, il celebre e caratteristico quartiere londinese quotidianamente preso d’assalto da turisti di tutto il mondo, è decisamente atipica in quanto si tratta di un pub attraverso il quale si accede allo spazio concerti vero e proprio. Quindi c’è modo di procurarsi una ghiotta pinta di birra e, salite le ripide scale, ritrovarsi all’interno della sala, piccola, intima e oscura, luogo perfetto per esibizioni underground come quella di quest’oggi che, come da copione, inizia con una puntualità disarmante, visto che tutto deve obbligatoriamente terminare entro le 21:30.

Con i Devastator l’atmosfera si fa subito rovente come un girone infernale, anche perché il locale è già totalmente pieno e il palco è allestito con tanto di caprone attaccato al microfono, per rendere più pittoresco il tutto.

Thomas Collings, bassista cantante della band di Derby, fa il suo ingresso con una mortifera falce per poi prendere lo strumento e attaccare di prepotenza con “Walpurgisnacht”, tratta dal recente secondo platter “Conjurers Of Cruelty”, buon sequel del debut “Baptised In Blasphemy”, da poco ristampato vista la sua difficile reperibilità sul mercato.

Il suono è potente e riesce a essere tutto sommato abbastanza pulito nonostante la location non sia il massimo in quanto ad acustica, soprattutto per  un certo tipo di musica dal vivo sparata a volumi esasperati.

Ma poco importa, i Devastator incendiano il palco con ben dieci pezzi estratti in maniera bilanciata dai loro due album, prendendo in prestito dai Venom, in chiusura di setlist, la celebre “Witching Hour”, quasi ad omaggiare coloro che potrebbero essere definiti i loro padrini musicali. La prova dei quattro ragazzi del Derbyshire è convincente e genuina e riesce ad esaltare i presenti: pezzi come “Howling Night”, “Spiritual Warfare” e “Death Forever” si susseguono senza fare prigionieri in un tiro al bersaglio di rabbia verso un pubblico che, tra una birra e l’altra, sembra non averne mai abbastanza.

Ma ogni bella cosa ha una fine e così anche questo concerto ruspante, tutto cuore e anima. Dopo un rapidissimo cambio di scenografia, che consisteva in pratica esclusivamente nel backdrop, è subito il momento dei Bewitcher.

C’era molta curiosità per la band di Portland, protagonista di una significativa ascesa che l’ha portata ad ottenere un contratto niente di meno che con la Century Media Records.

Matt Litton e compagni partono subito forte con “Starfire Maelstrom” e “Too Fast For The Flames”, doppietta micidiale che scatena un bel tafferuglio di pogo all’interno del piccolo locale.

Nonostante i Devastator abbiano lasciato tutti piuttosto soddisfatti, la performance dei Bewitcher si dimostra immediatamente di un altro spessore, non tanto per la tecnica quanto per la maggiore esperienza a stare sul palco accumulata dalla band nel corso degli anni, che è tangibile. I tre dell’Oregon spingono come dannati e non lasciano spazio a convenevoli sparando in faccia al pubblico una scaletta che pesca in egual misura da tutta la loro discografia, dall’esordio omonimo del 2016 fino al più recente “Spell Shock”, con una particolare attenzione per “Under The Witching Cross”, dal quale sono tratte la title track e la furiosissima “Hexenkrieg”, forse il vero punto di svolta per una carriera che, se continuerà su questa strada, regalerà non poche soddisfazioni a tre ragazzi che suonano certamente metal estremo, di nicchia e dalle radici underground, ma intelligente e “furbo” quel tanto che basta. La serata volge quindi rapidamente al termine anche se c’è ancora tempo per scendere di sotto e bersi qualche altra birra, nell’attesa di scambiare se possibile due chiacchere con i ragazzi delle band. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.