Wulkanaz – Luftuz

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Wulkanaz, ovvero “nuvola” in proto germanico, è la strana creatura partorita dalla mente di Wagner Ödegård, conosciuto anche come Kumulonimbus, musicista dalle molteplici sfaccettature creative, alle quali dà libero sfogo in progetti classici, come Tohmet, ed altri invece abbastanza “strani” e comunque peculiari, come Dughpa e Mauvet Mauve. In quanto a “stranezza” anche Wulkanaz,il cui concept ruota intorno alla tradizione Thúrsatrú, sorta di religione gnostica radicata nel paganesimo germanico, si difende bene, benché confinato nell’ambito di sonorità sicuramente ben conosciute da chi ascolta black metal. E prova ne è questo “Luftuz”, quinta fatica sulla lunga distanza in una discografia costellata, come da tradizione underground, da un certo numero di uscite minori, circa una decina tra demo, ep e split. In questo disco un black metal selvaggio e grezzo, dalle tonalità spesso punkeggianti, il cui piglio iconoclasta può ricordare alcuni lavori di Ildjarn, si mescola in una mistura ben impastata con spunti dal gusto folkeggiante, vicini a certe cose di Wyrd e, tanto per non farsi mancare niente, con rumorismi e battiti industrial-elettronici di varia natura che, incredibilmente, trovano il loro posto nei brani, anche perché mai troppo invasivi.

Qualcuno potrebbe dire che c’è troppa carne al fuoco. In effetti ce n’é molta ma basta ascoltare anche solo il trittico iniziale formato da “Hökvind”, “Gulbraza” e “Till Intet Gjord”, o anche le più psichedeliche “Krokharpor” e “Bradhnavitni”, giusto per citare quelli che a mio giudizio sono gli episodi migliori del lotto, per rendersi conto di come il tutto funzioni piuttosto bene, tenuto insieme naturalmente da un approccio cruento e sanguigno e da una registrazione sporca e nebulosa, che funge da amalgama tra le varie influenze e le riconduce ad un tono di fondo classicamente old school che potrà piacere a molti. Canzoni brevi, fondamentalmente scheletriche e perfino orecchiabili (ebbene sì!), dalle strutture scarne e minimali, contengono sorprendentemente una vasta gamma di colori musicali. I riff zanzarosi si sposano con le melodie dal sapore vagamente popolare e con i sintetizzatori dal gusto vintage e, sebbene i singoli elementi siano noti, l’insieme nel suo complesso sembra orbitare intorno alla sua personale galassia, restituendo un risultato che mi pare andare oltre il consueto “l’ho già sentito da qualche parte”, così comune ormai quando si ascolta black metal.

Sono convinto che Ödegård, in quest’occasione accompagnato dal session drummer Calle Larsson, che ha suonato in passato, tra gli altri, con gli Ofermod, sia un musicista da tenere d’occhio. La sua ingenua spontaneità compositiva mi sembra incredibilmente salutare in un ambiente spesso asfittico, popolato in buona parte da gruppi più intenti a scopiazzare le vecchie glorie (ricoprendole di escrementi, possibilmente) che a tentare di dare forma ad una propria declinazione del black metal che sia anche solo un minimo interessante. In questo disco la cosa per quanto mi riguarda avviene e, se non possiamo chiaramente gridare al miracolo, già solo per questo si può dire che “Luftuz” meriti un ascolto, magari andandosi poi anche a recuperare gli altri album del progetto. Poi, come diceva il saggio, può piacere o non piacere…

REVIEW OVERVIEW
Voto
72 %
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wulkanaz-luftuzTRACKLIST <br> 1. Hökvind; 2. Gulbraza; 3. Till Intet Gjord; 4. Sigldu Pa Enslika Sioar; 5. Dö Af Bote Lia; 6. Rydning; 7. Krokharpor; 8. Bradhnavitni; 9. Pukans Svartte Ledh; 10. Draparin Villa <br> DURATA: 35 min. <br> ETICHETTA: Regain Records <br> ANNO: 2025