Il black metal è ormai da tempo un fenomeno mondiale e quindi non c’è da stupirsi del fatto che ci siano band black metal cinesi. Certo la Cina non ha probabilmente una scena di rilievo internazionale ma vi sono alcune realtà degne di attenzione. E una di queste è Tassi, one man band dietro la quale si cela Dryad, unico membro che scrive, compone, suona, mixa e cura insomma ogni fase della produzione. “Idamon Novasah-Liva”, fuori per la nostrana Dusktone e incentrato sul concept in cui Tassi è un bardo dell’universo celeste che intraprende un viaggio esoterico e mistico per trovare la sua amata Uni, è la sesta fatica sulla lunga distanza di questo prolifico musicista, che si muove nel recinto del blackgaze atmosferico, ed è un album decisamente maturo, carico di emotività, passione e dolore, cosa che stupisce proprio se consideriamo la provenienza geografica del progetto. Le composizioni sono molto articolate, dense, ricche di particolari di alto livello ed estremamente curate. La qualità sonora è invidiabile e molto ricercata, il che è senz’altro un punto a favore anche perché in un genere come il blackgaze, o post-black metal/shoegaze che dir si voglia, la ricerca sonora è un fattore imprescindibile. E in questo caso suoni sintetici sono magistralmente miscelati a chitarre pulite, riverberate, eteree e sognanti, e l’alternanza emotiva diventa davvero l’elemento che caratterizza l’album.

In alcuni momenti la sensazione sembra essere quella di passeggiare sulla riva del mare al tramonto, con la sabbia umida sotto i piedi, la brezza che ti accarezza dolcemente la pelle e il suono della risacca ti culla dolcemente, e in questo senso l’iniziale “怪想录” è un pezzo perfetto per introdurre questo effimero e impalpabile viaggio. Ma Tassi non è solo dolcezza e piacere, è anche dolore e tristezza, profonda tristezza, e lo possiamo sentire nella successiva “怪想录 II” con i suoi muri di chitarre distorte ad accompagnare uno screaming disperato che è quasi un pianto profondo, un lamento di assoluto avvilimento. La sequenza di questi due brani, per usare una metafora pugilistica, è il classico uno-due che ti manda al tappeto.

Le restanti cinque canzoni mantengono egregiamente questo approccio variegato ed eclettico mentre le liriche in cinese danno un tocco particolare e con la loro cadenza tipicamente orientale rendono piuttosto originale il disco, almeno per le nostre orecchie occidentali. Questi particolari potrebbero assicurare all’album una buona longevità di ascolto, insieme al numero elevato di sfumature sonore e passaggi strumentali abbastanza intricati, alcuni veramente di alta classe. “Idamon Novasah-Liva” è in definitiva un disco da ascoltare, vivere e capire, anche se probabilmente molti lo snobberanno, commettendo un errore: non siate limitati, uscite dalla vostra comfort zone e verrete premiati.