“E al centro dell’universo siede Azathoth, dio cieco e idiota, amorfa escrescenza d’abissale confusione che bestemmia e gorgoglia stordito da un incessante suono di flauti”. Con queste parole il solitario di Providence descriveva il caos primigenio, circondato dalla perpetua danza degli Dei Esterni. E sono parole che si adattano perfettamente alla musica dei Teitanblood, per definire la quale l’aggettivo “lovecraftiana” mi sembra più che adeguato. Ma anche “viscerale” potrebbe andar bene. E infatti la loro nuova fatica, la quarta sulla lunga distanza, fuori sempre per la sulfurea Norma Evangelium Diaboli, si intitola “From The Visceral Abyss”, esattamente quello dal quale sembra provenire il furioso black/death metal che la band spagnola propone con granitica coerenza da almeno un ventennio abbondante. Nella discografia dei nostri amici, che non è nutritissima come quella di tanti altri gruppi del genere ma conta anche una manciata di ep e split, non è dato evidenziare particolari virate stilistiche.

Siamo sempre dalle parti di gente come Archgoat, Katharsis, Von, Proclamation e simili, ovvero il classico guazzabuglio “metal of death” variamente assortito che anche i madrileni hanno contribuito a mantenere vivo, dando voce all’ala più “intellettuale” di questo ampio sottogenere, per alcuni versi non troppo distante da certo black metal di stampo “religious”. Nonostante questo si può dire che il loro piglio in quest’ultimo album sia divenuto ancora più bestiale e vorticoso, come dimostra il fatto che le parentesi ambientali dal sapore occulto che caratterizzavano i precedenti lavori di NSK e compagni appaiano molto più contenute, anzi praticamente assenti o confinate a mere intro, con l’eccezione di “Tomb Corpse Haruspex”, suite conclusiva di quasi quindici minuti di durata, nella quale invece fanno la loro comparsa con maggiore abbondanza. Non so se sia un bene o un male: questa concezione più diretta dei brani, che hanno un minutaggio mediamente meno corposo che in passato, ha probabilmente consentito alla band di concentrarsi sul lato brutale della faccenda, tra riff sanguinolenti macinati a volontà e cascate di blast beats. La relativa mancanza di parti atmosferiche è del resto ben compensata da una produzione finalmente all’altezza, che bilancia in maniera accettabile il suono degli strumenti senza far affogare la batteria nel marasma catramoso delle chitarre.

Una maggiore levigatezza è in questo caso ben accetta perché diversamente, come a volte accaduto in passato, i grotteschi canti funebri dei Teitanblood si sarebbero diluiti in una cacofonia certamente violenta ma nella quale sarebbero andate irrimediabilmente perdute le molte stratificazioni chitarristiche, le sovrapposizioni dissonanti e i particolari di scrittura che comunque la band mette in campo. E comunque la resa sonora mantiene intatto quel senso di soffocamento cimiteriale che tanto amiamo in dischi di questo tipo. Tutto è quindi più potente ma anche più intellegibile, come ad esempio le distorsioni vocali che rendono il cantato un latrato particolarmente cavernoso e pieno di riverberi: un approccio che era già stato adottato nei dischi precedenti ma che in questa occasione risulta ancora più apprezzabile. In definitiva i Teitanblood hanno leggermente “asciugato” la loro proposta ma per il resto continuano a fare ciò che sanno fare meglio, senza eccessivi stravolgimenti. Sono certo che questo “From The Visceral Abyss” non tradirà le aspettative di chi li segue da tempo mentre chi non li avesse ancora sentiti potrebbe anche iniziare da qui, andando poi magari a recuperare quell’abominio purulento che risponde al nome di “Death”. D’altra parte una band che è stata platealmente omaggiata dai Darkthrone (il logo dei Teitanblood fa bella mostra di sé sulla copertina di “Circle The Wagons”) ritengo che sia meritevole della vostra attenzione.